Nel giorno dell'uscita nelle sale del tanto discusso 50
sfumature di grigio, vede finalmente la luce anche nel nostro paese il
celebratissimo Whiplash, il film del trentenne Damien Chazelle che ha fatto spellare le mani dagli applausi alla
critica americana, che lo ha eletto, a pari merito con Boyhood di Richard Linklater, miglior film del
2014.
Che Whiplash fosse un eccezionale
esempio di cinema indipendente in grado di coinvolgere come ed anche più di un
blockbuster estivo da 200 milioni di dollari era forse già ravvisabile dallo
splendido trailer (uno dei migliori visti quest'anno, insieme a quello del Mad
Max: Fury Road di George Miller,
in arrivo a maggio). Un Oscar andrebbe dato immediatamente a colui che ha
sapientemente montato quel trailer (Oscar, ci torneremo tra un po'). Quello che
probabilmente è stato speso per il catering del solo Robert Downey Jr. durante la realizzazione del prossimo Avengers
Damien Chazelle lo ha investito nel suo primo importante lavoro registico,
riuscendo forse anche a far avanzare qualche spicciolo per comprarsi lo smoking
adeguato per la serata del 22 febbraio al Dolby Theatre di Los Angeles.
Dispiace, comunque, non avere neanche la minima chance di vederlo salire la
scalinata e ritirare il premio, perchè il povero Damien è immeritatamente fuori
dalla cinquina del Miglior Regista. Firmiamo tutti una petizione per fargli
prendere il posto del Morten Tyldum
di The
Imitation Game. Cazzate a parte, cos'è Whiplash?
Andrew Neiman (Miles
Teller, sarà Mister Fantastic, un giovane talento da tenere d'occhio, qui
veramente eccezionale) è un ragazzo con il sogno di diventare uno dei migliori
batteristi del pianeta. Le dure lezioni quotidiane dello spietato maestro
Terence Fletcher (un J. K. Simmons
in forma smagliante, pronto a prendersi la sua buona dose di celebrità dopo
anni da caratterista, soprattutto per i fratelli Coen, per Jason Reitman
e per Sam Raimi nei suoi Spider-man)
metteranno seriamente alla prova l'integrità fisica e psicologica del
motivatissimo Andrew. Letta così può sembrare una trama banalotta, un po' vista
e rivista in un certo tipo di cinema (quello sportivo su tutti). E non vi nego
che il pregiudizio che si potesse trattare dell'ennesima storia di amore/odio e
rivalità tra maestro ed allievo si era insinuato in me già da qualche mese, da
quando cioè Whiplash ha iniziato a far parlare di sé negli States
(comparendo nelle liste dei migliori film dell'anno dei vari Quentin Tarantino ed Edgar Wright). Quello che non mi ero
nemmeno lontanamente sognato di trovare è un film brillante, veramente
coinvolgente, fresco e a tratti un vero e proprio inno alla lotta per
l'autorealizzazione, ed il sospetto di una possibile paraculata tanto amata dai
giudici dell'Academy è completamente svanito dopo appena 20 minuti dall'inizio
di questo gioiellino. Whiplash non solo trasuda amore per
il cinema, non solo è uno splendido omaggio alla musica jazz, ma sembra anche
urlare a squarciagola di lottare non per realizzare i propri sogni, ma per
difenderli.
Il ritmo forsennato contribuisce a far scorrere un'ora e 40
di film come fossero trenta minuti, merito non soltanto di uno dei montaggi
meglio curati visti negli ultimi anni (e non premiarlo con un Oscar sarebbe un
crimine contro l'umanità - lo meriterebbe anche solo per gli straordinari
cinque minuti finali) ma di una scrittura e uno sviluppo dei personaggi mai
banale e veramente sorprendente: e non si tratta assolutamente di poca roba in
un film in cui il rischio di cadere nel prevedibile e nello scontato era dietro
l'angolo - il climax di metà film, oltre ad andare contro ogni aspettativa,
rappresenta uno dei momenti più alti dell'intera pellicola. Il rapporto tra il
giovane Andrew ed il dittatoriale Fletcher (quasi un sergente Hartman del mondo
della musica, e non so se sia un caso che il physique du role di Simmons richiami molto quello
dell'indimenticabile R. Lee Ermey) è
gestito sapientemente e rappresenta quello che forse prima o poi nella vita
chiunque abbia una qualsiasi aspirazione è destinato ad incrociare sul proprio
cammino: una grande prova in grado di rimettere tutto in discussione (obiettivi
personali compresi) e costringere a fare
i conti con le proprie motivazioni. Da standing ovation (come già detto) la
regia (ferma e attenta, con splendidi giochi di fuochi e profondità di campo,
che guadagna punti soprattutto grazie ad un montaggio perfetto) e soprattutto
la sensazionale colonna sonora tutta jazz.
Non è un'esagerazione promuovere Whiplash, quando siamo
appena a metà febbraio, come uno dei migliori film di questo 2015, e sono
sicuro che ce lo ritroveremo anche nella consueta lista di fine anno. Un po'
meno probabile sarebbe vederlo trionfante domenica 22 febbraio alla cerimonia
degli Oscar, non perchè non se lo meriti ma più per il fatto che sarebbe un
colpo di scena davvero clamoroso la vittoria di un film che sicuramente non fa
lo stesso rumore di un Boyhood o di un Birdman, men che meno di
un American
Sniper, ma che, senza ombra di dubbio, se li mangia a colazione. Tutti
e tre.
Nessun commento:
Posta un commento