Nella settimana della
decisione della Sony Pictures di cancellare l'uscita nelle sale di The
Interview con Seth Rogen e James Franco (cedendo di fatto alle
minacce e ai ricatti della Corea del Nord) e dello storico momento che
Hollywood sta attraversando, proviamo a mettere un po' d'ordine nella vicenda,
a partire dall'inizio, e a riflettere sulla portata di quest'evento: siamo
davvero di fronte all'inizio di una nuova era? Tutto quello che state per
leggere è accaduto veramente e non si tratta né di un episodio di South Park e nemmeno del bizzarro piano
criminale del dittatore della Corea del Nord di Team America.
Partiamo quindi dal
principio. Negli ultimi mesi del 2013, la Sony Pictures Entertainment mette in
cantiere un nuovo film scritto e diretto dai cervelli dietro al campione
d'incassi (e molto divertente) Facciamola finita e a quello che
sarebbe diventato un successo anche maggiore, Cattivi vicini, Seth Rogen ed Evan Goldberg. Si tratta di una commedia di nome The
Interview e la pittoresca storia vede lo stesso Rogen e James Franco nei panni di due
giornalisti televisivi annoiati di occuparsi del solito gossip e della cronaca
rosa e che decidono di dare una svolta alla loro carriera realizzando
un'intervista con il dittatore nordcoreano Kim
Jong-un. La situazione si complica quando la CIA li ingaggia per
un'operazione sotto copertura con lo scopo di assassinare il leader asiatico.
Tutto sembra perfettamente il linea con la filmografia della cricca comica
sotto l'ala protettiva di Judd Apatow,
che per primo sfruttò la freschezza ed il genio di Rogen nel lontano 2005 con 40
anni vergine. Dal momento della fine delle riprese e dell'inizio della
promozione del film, la Corea del
Nord si è attivata e le tappe che hanno portato alle vicende di questi giorni
sono molteplici. Approfitto per lodare fin da subito il lavoro svolto da
BadTaste.it, che quotidianamente ha seguito da vicino il tutto, pubblicando
ogni minimo aggiornamento e confermandosi come ottimo portale web italiano
d'informazione cinematografica.
La Corea del Nord,
appunto, definì immediatamente The Interview un film dagli scopi
criminali e richiese l'intervento dell'ONU per bloccarne l'uscita. Quando il
mondo intero si fece una risata, Kim Jong-un e i suoi adepti si attivarono per
sferrare il primo colpo e dimostrare al mondo intero che facevano sul serio.
Nell'ultima settimana di novembre, i server della Sony Pictures Entertainment
furono attaccati da un gruppo di hacker dal nome alquanto surreale di Guardiani della Pace, citando un vecchio
intervento di Nixon durante una visita in Asia. La casa di produzione finì nel
bel mezzo di un ciclone: ogni segreto (o quasi) divenne di pubblico dominio,
compresi indirizzi, cifre dei compensi degli addetti ai lavori, interi film non
ancora distribuiti ed e-mail private (in particolare quelle tra il produttore Scott Rudin e la co-chairman Amy Pascal, non certo lusinghiere verso
alcune personalità di grosso calibro come Angelina Jolie o addirittura il
Presidente Obama), dalle quali vennero fuori anche tutte le insicurezze dello
studio verso i lavori degli ultimi anni ed in particolare per il futuro del
franchise di The Amazing Spider-man.
Una catena di eventi, dunque, che ha portato al più grande attacco di
terrorismo informatico degli ultimi anni. E se inizialmente il tutto non era
ancora stato rivendicato come una "vendetta" coreana, le certezze
sono arrivate quando, la settimana scorsa, a pochi giorni dall'uscita americana
del film di Rogen e Franco (fissata per il 25 dicembre), alcuni messaggi
intimidatori allertavano gli statunitensi di non andare a vedere il film, per
evitare di essere vittime di possibili attacchi terroristici nelle sale. Dopo
un'anteprima tenutasi a Los Angeles l'11 dicembre, gli stessi Rogen e Franco
hanno annullato ogni apparizione pubblica in merito alla promozione della
pellicola e molte delle principali catene cinematografiche hanno immediatamente
rimosso il film dalla programmazione natalizia, costringendo di fatto la Sony a
cancellare l'uscita del film, sia nei circuiti nazionali che in quelli
internazionali. Di conseguenza, il film non arriverà neanche in Italia, dove la
distribuzione era prevista per fine gennaio. Non sono previste, inoltre, future
date d'uscita nel film, né programmi da parte della Sony di distribuirlo in
home video o su piattaforme on-demand quali iTunes.
La reazione di
Hollywood non si è fatta attendere e si sono moltiplicati i messaggi ed i tweet
di attori, registi o personaggi del settore che hanno espresso la loro
solidarietà per il film, amareggiandosi per il fatto che nella nazione che
dovrebbe essere l'emblema della libertà d'espressione un film possa non vedere
la distribuzione per accontentare le richieste di un gruppo terroristico. Mai
nella storia, infatti, una nazione aveva avuto il potere di controllare
l'uscita di un film nelle sale: nemmeno in piena seconda guerra mondiale,
quando Il grande dittatore di Chaplin
parodiava il nazismo e i deliri di onnipotenza di Adolf Hitler (come ha
ricordato George R. R. Martin, padre de Le
cronache del ghiaccio e del fuoco, in un messaggio in cui metteva a
disposizione il suo cinema per la proiezione di The Interview). Per
rispondere alla compagna del terrore coreana, un cinema di Dallas (molto
intelligentemente) modifica il proprio programma per la notte di Natale,
colmando il vuoto lasciato da The Interview con una proiezione
speciale del Team America di Matt Stone e Trey Parker (film di animazione
con marionette del 2005, che vede come antagonista principale Kim Jong-ill,
predecessore e padre dell'attuale dittatore coreano): la stesso giorno, la
Paramount Pictures (casa di produzione del film) impedisce la proiezione per
evitare di aggravare la già delicata situazione. La paura si sparge a macchia
d'olio, tanto che negli ultimi giorni anche Pyongyang, thriller di
Gore Verbinski con Steve Carrell ambientato in Corea del Nord, ancora in
produzione, è stato cancellato dalla New Regency. Cosa sta succedendo ad
Hollywood?
I più catastrofici, tra
cui l'attore George Clooney, hanno pronosticato l'inizio di una nuova era del
terrore, in cui opere coraggiose e di denuncia potrebbero trovare sempre meno
spazio, a favore di progetti innocui e di più facile distribuzione, causando di
fatto un passo indietro per quanto riguarda la preziosa e tanto pomposamente
tirata in ballo libertà di espressione. Lo stesso Barack Obama, in una dichiarazione ufficiale di tre giorni fa, ha
precisato come la Sony Pictures abbia sbagliato a cedere ai ricatti e alle
minacce dell'organizzazione Guardiani
della Pace. La risposta del CEO della Sony Entertainment, Michael Lynton, è arrivata proprio
oggi, ai microfoni della CNN:
Non siamo proprietari delle sale
cinematografiche. Non possiamo decidere noi se un film uscirà o non uscirà al
cinema. Non è che abbiamo ceduto, non ci siamo arresi, abbiamo perseverato e
non abbiamo lasciato perdere. Abbiamo sempre voluto far vedere al pubblico
americano questo film. [...]
Speriamo ancora di dare la
possibilità a chiunque voglia vedere questo film di farlo.
L'ultima frase
aprirebbe di fatto la strada ad una possibilità di distribuzione alternativa.
Magari, in un prossimo futuro. Sarebbe davvero la conclusione più auspicabile
per questa triste e surreale vicenda, che mai avremmo voluto vivere e seguire
con i nostri occhi. Pensare che, nel 2014, la potenza del cinema sia in grado
di agire sugli equilibri internazionali in modo così determinante è quasi
incredibile: non ho dubbi sul fatto che, se The Interview fosse
uscito nelle sale, avrebbe goduto di un passaparola e di un successo tale che
non si sarebbe ottenuto nemmeno grazie ai migliori esperti di marketing
pubblicitario, mentre la Sony ora è costretta a fare i conti con una perdita
superiore ai 70 milioni di dollari, derivante dalla cancellazione di un film
che speriamo di vedere presto, e che quando (e se) riusciremo a vedere, magari
ci renderemo conto che non è nemmeno un gran commedia. Per quanto mi riguarda, The
Interview è già entrato nella leggenda.
Il modo migliore di
chiudere, forse, è scherzarci un po' su. Vi propongo allora l'intervento a
sorpresa di ieri sera, al Saturday Night
Live, di Mike Myers nei panni
del Dr. Male (antagonista della serie di film di Austin Powers, che ha portato il comico canadese al successo
internazionale), che con geniale ironia parla degli eventi che hanno portato a
questo epilogo straordinario, che, ci auguriamo, possa non ripetersi mai più.
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