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sabato 29 novembre 2014

Ogni maledetto Natale, la recensione


E' risaputo per coloro che sono sulle loro tracce dalla prima stagione di Boris che il bersaglio preferito del trio Ciarrapico-Torre-Vendruscolo è, dopo la fiction, il film di Natale. Alla loro seconda prova cinematografica i tre giocano allora in quel terreno minato che tante volte è stato il bersaglio di quella satira feroce e sottile a cui siamo ormai abituati dopo tre stagioni ed un film della loro creatura più celebre. Ogni maledetto Natale si presenta immediatamente (fin dalle primissime sequenze che ripercorrono le tappe salienti della storia dell'uomo e che sembrano quasi voler fare il verso a quella Pazza storia del mondo di melbrooksiana memoria) come un anti-cinepanettone e lo fa senza mezzi termini, buttando in faccia allo spettatore una provocatoria battuta sul Natale associato alle tenebre già al primo minuto di film, gettando subito la maschera di classica commediola per le feste e rivelando la sua natura scorretta.

La storia, come la costruzione narrativa, non è delle più originali: un ragazzo ed una ragazza (Cattelan e la Mastronardi abbastanza piatti e inconsistenti) si innamorano e decidono di passare le feste dalla famiglia di lei (la notte della vigilia) e da quella di lui (il pranzo di Natale). Due famiglie che più diverse non si può. Quella di lei: rozza, ignorante, maleducata, in un panorama notturno di campagna vicino alle atmosfere dell'Hooper di Non aprite quella porta. Quella di lui: ricca, prestigiosa, rispettabile, con una schiera di filippini a servizio. La particolarità del film: i componenti delle famiglie sono interpretati dagli stessi attori, impegnati in ruoli agli antipodi tra di loro. Se i giovani protagonisti sono privi di profondità e la loro storia d'amore coinvolge meno di quella tra Harry Potter e Ginny Weasley, i veri protagonisti sono i membri delle famiglie Colardo e Martinelli, che Ciarrapico-Torre-Vendruscolo si divertono a caratterizzare nei modi più bizzarri (soprattutto i Colardo) e che gli attori si destreggiano perfettamente nell'interpretare, con recitazione piacevolmente sopra le righe. La parte più riuscita di questo Ogni maledetto Natale è proprio la caratterizzazione delle due famiglie, in particolare del capofamiglia Colardo (Francesco Pannofino, sempre più bravo a ritagliarsi un ruolo da attore cinematografico), dei due personaggi di Marco Giallini (uno zio guardia carceraria mentalmente instabile e perennemente armato ed un ricco altoborghese buona forchetta che non vuole assolutamente rinunciare al pranzo natalizio), del devoto e iperreligioso aristocratico di Valerio Mastandrea e soprattutto del filippino capitalista di Corrado Guzzanti, che gigioneggia divertito come punta di diamante di un cast di tutto rispetto composto anche da Laura Morante (imbruttita all'inverosimile nella prima metà del film, per poi tornare alla sua caratteristica bellezza nella seconda parte), Caterina Guzzanti (incredibilmente con poco spazio a disposizione), Andrea Sartoretti (volto noto di Boris) e Stefano Fresi (quest'anno rivelazione di Smetto quando voglio). 

Arrivando al punto, la prima parte ha una forza ed un'energia tali che la seconda (nonostante un Guzzanti in ottima forma) non può proprio uguagliare: il panorama borderline dei Colardo, la riffa allo squallido bar di provincia, il gioco di carte con regole incomprensibili e la grappa con la vipera sono trovate efficaci ed esilaranti (soprattutto grazie al ritmo che gli attori riescono ad infondere a delle sequenze tante volte un po' calanti e che forse avrebbero meritato una scrittura più incalzante). Inoltre, funziona benissimo anche la location quasi da film horror e quell'atmosfera sublimamente valorizzata da delle musiche che sembrano uscite da un film di Wes Craven. Sarei curioso di vedere cosa riuscirebbero a fare i tre registi con un vero film dell'orrore. Certamente qualcosa di meglio del Tulpa di Zampaglione. La parte dei Martinelli sembra invece un po' soffrire di eccessivi problemi di ritmo e di una leggera pigrizia nella scrittura di alcuni passaggi.

È ammirevole lo sforzo di voler mettere in scena la dissacrazione selvaggia della festività, di voler essere controtendenza ad ogni costo e di volersi distaccare dalla melassa cinematografica natalizia (che comunque è stata sempre ben poco presente qui da noi, dove il Natale è spesso e volentieri associato alle corna e ai tradimenti di De Sica e co.): ammirevole, dunque, ma non pienamente riuscito. Ci si aspettava forse una scossa maggiore da parte dei creatori di Boris, una scossa almeno paragonabile a quella che ha caratterizzato il successo televisivo della serie negli ultimi anni. Il film diverte, difficilmente annoia, ma non ha quella cattiveria e quella ferocia che legittimamente si poteva pretendere dal trio. Una cattiveria che non può essere racchiusa semplicemente nel fatto che Massimo (Alessandro Cattelan) ha un "problema col Natale", una frase che non trova nessun tipo di approfondimento e che non porta ad alcuna analisi del passato del personaggio e dunque ad una giustificazione credibile come poteva essere quella della Kate Beringer del Gremlins di Joe Dante. Non ci si aspettava, invece, un trattamento della sfera romantica così banale, visto e rivisto e pigramente sceneggiato, soprattutto dopo le premesse dissacranti che il film pone nei primi minuti. Si tratta comunque di un qualcosa di nuovo per il panorama cinematografico delle festività italiane e non posso far altro che augurare buona fortuna a Ciarrapico-Torre-Vendruscolo, nella speranza che possano ancora avere l'occasione di lavorare al cinema e magari di poter esprimersi al massimo delle loro potenzialità e del loro valore.



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