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domenica 21 dicembre 2014

The Interview, ovvero il film che la Corea del Nord non vuole farci vedere



 Nella settimana della decisione della Sony Pictures di cancellare l'uscita nelle sale di The Interview con Seth Rogen e James Franco (cedendo di fatto alle minacce e ai ricatti della Corea del Nord) e dello storico momento che Hollywood sta attraversando, proviamo a mettere un po' d'ordine nella vicenda, a partire dall'inizio, e a riflettere sulla portata di quest'evento: siamo davvero di fronte all'inizio di una nuova era? Tutto quello che state per leggere è accaduto veramente e non si tratta né di un episodio di South Park e nemmeno del bizzarro piano criminale del dittatore della Corea del Nord di Team America.




Partiamo quindi dal principio. Negli ultimi mesi del 2013, la Sony Pictures Entertainment mette in cantiere un nuovo film scritto e diretto dai cervelli dietro al campione d'incassi (e molto divertente) Facciamola finita e a quello che sarebbe diventato un successo anche maggiore, Cattivi vicini, Seth Rogen ed Evan Goldberg. Si tratta di una commedia di nome The Interview e la pittoresca storia vede lo stesso Rogen e James Franco nei panni di due giornalisti televisivi annoiati di occuparsi del solito gossip e della cronaca rosa e che decidono di dare una svolta alla loro carriera realizzando un'intervista con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. La situazione si complica quando la CIA li ingaggia per un'operazione sotto copertura con lo scopo di assassinare il leader asiatico. Tutto sembra perfettamente il linea con la filmografia della cricca comica sotto l'ala protettiva di Judd Apatow, che per primo sfruttò la freschezza ed il genio di Rogen nel lontano 2005 con 40 anni vergine. Dal momento della fine delle riprese e dell'inizio della promozione del film, la Corea del Nord si è attivata e le tappe che hanno portato alle vicende di questi giorni sono molteplici. Approfitto per lodare fin da subito il lavoro svolto da BadTaste.it, che quotidianamente ha seguito da vicino il tutto, pubblicando ogni minimo aggiornamento e confermandosi come ottimo portale web italiano d'informazione cinematografica.

La Corea del Nord, appunto, definì immediatamente The Interview un film dagli scopi criminali e richiese l'intervento dell'ONU per bloccarne l'uscita. Quando il mondo intero si fece una risata, Kim Jong-un e i suoi adepti si attivarono per sferrare il primo colpo e dimostrare al mondo intero che facevano sul serio. Nell'ultima settimana di novembre, i server della Sony Pictures Entertainment furono attaccati da un gruppo di hacker dal nome alquanto surreale di Guardiani della Pace, citando un vecchio intervento di Nixon durante una visita in Asia. La casa di produzione finì nel bel mezzo di un ciclone: ogni segreto (o quasi) divenne di pubblico dominio, compresi indirizzi, cifre dei compensi degli addetti ai lavori, interi film non ancora distribuiti ed e-mail private (in particolare quelle tra il produttore Scott Rudin e la co-chairman Amy Pascal, non certo lusinghiere verso alcune personalità di grosso calibro come Angelina Jolie o addirittura il Presidente Obama), dalle quali vennero fuori anche tutte le insicurezze dello studio verso i lavori degli ultimi anni ed in particolare per il futuro del franchise di The Amazing Spider-man. Una catena di eventi, dunque, che ha portato al più grande attacco di terrorismo informatico degli ultimi anni. E se inizialmente il tutto non era ancora stato rivendicato come una "vendetta" coreana, le certezze sono arrivate quando, la settimana scorsa, a pochi giorni dall'uscita americana del film di Rogen e Franco (fissata per il 25 dicembre), alcuni messaggi intimidatori allertavano gli statunitensi di non andare a vedere il film, per evitare di essere vittime di possibili attacchi terroristici nelle sale. Dopo un'anteprima tenutasi a Los Angeles l'11 dicembre, gli stessi Rogen e Franco hanno annullato ogni apparizione pubblica in merito alla promozione della pellicola e molte delle principali catene cinematografiche hanno immediatamente rimosso il film dalla programmazione natalizia, costringendo di fatto la Sony a cancellare l'uscita del film, sia nei circuiti nazionali che in quelli internazionali. Di conseguenza, il film non arriverà neanche in Italia, dove la distribuzione era prevista per fine gennaio. Non sono previste, inoltre, future date d'uscita nel film, né programmi da parte della Sony di distribuirlo in home video o su piattaforme on-demand quali iTunes.

La reazione di Hollywood non si è fatta attendere e si sono moltiplicati i messaggi ed i tweet di attori, registi o personaggi del settore che hanno espresso la loro solidarietà per il film, amareggiandosi per il fatto che nella nazione che dovrebbe essere l'emblema della libertà d'espressione un film possa non vedere la distribuzione per accontentare le richieste di un gruppo terroristico. Mai nella storia, infatti, una nazione aveva avuto il potere di controllare l'uscita di un film nelle sale: nemmeno in piena seconda guerra mondiale, quando Il grande dittatore di Chaplin parodiava il nazismo e i deliri di onnipotenza di Adolf Hitler (come ha ricordato George R. R. Martin, padre de Le cronache del ghiaccio e del fuoco, in un messaggio in cui metteva a disposizione il suo cinema per la proiezione di The Interview). Per rispondere alla compagna del terrore coreana, un cinema di Dallas (molto intelligentemente) modifica il proprio programma per la notte di Natale, colmando il vuoto lasciato da The Interview con una proiezione speciale del Team America di Matt Stone e Trey Parker (film di animazione con marionette del 2005, che vede come antagonista principale Kim Jong-ill, predecessore e padre dell'attuale dittatore coreano): la stesso giorno, la Paramount Pictures (casa di produzione del film) impedisce la proiezione per evitare di aggravare la già delicata situazione. La paura si sparge a macchia d'olio, tanto che negli ultimi giorni anche Pyongyang, thriller di Gore Verbinski con Steve Carrell ambientato in Corea del Nord, ancora in produzione, è stato cancellato dalla New Regency. Cosa sta succedendo ad Hollywood?

I più catastrofici, tra cui l'attore George Clooney, hanno pronosticato l'inizio di una nuova era del terrore, in cui opere coraggiose e di denuncia potrebbero trovare sempre meno spazio, a favore di progetti innocui e di più facile distribuzione, causando di fatto un passo indietro per quanto riguarda la preziosa e tanto pomposamente tirata in ballo libertà di espressione. Lo stesso Barack Obama, in una dichiarazione ufficiale di tre giorni fa, ha precisato come la Sony Pictures abbia sbagliato a cedere ai ricatti e alle minacce dell'organizzazione Guardiani della Pace. La risposta del CEO della Sony Entertainment, Michael Lynton, è arrivata proprio oggi, ai microfoni della CNN:

Non siamo proprietari delle sale cinematografiche. Non possiamo decidere noi se un film uscirà o non uscirà al cinema. Non è che abbiamo ceduto, non ci siamo arresi, abbiamo perseverato e non abbiamo lasciato perdere. Abbiamo sempre voluto far vedere al pubblico americano questo film. [...]
Speriamo ancora di dare la possibilità a chiunque voglia vedere questo film di farlo.

L'ultima frase aprirebbe di fatto la strada ad una possibilità di distribuzione alternativa. Magari, in un prossimo futuro. Sarebbe davvero la conclusione più auspicabile per questa triste e surreale vicenda, che mai avremmo voluto vivere e seguire con i nostri occhi. Pensare che, nel 2014, la potenza del cinema sia in grado di agire sugli equilibri internazionali in modo così determinante è quasi incredibile: non ho dubbi sul fatto che, se The Interview fosse uscito nelle sale, avrebbe goduto di un passaparola e di un successo tale che non si sarebbe ottenuto nemmeno grazie ai migliori esperti di marketing pubblicitario, mentre la Sony ora è costretta a fare i conti con una perdita superiore ai 70 milioni di dollari, derivante dalla cancellazione di un film che speriamo di vedere presto, e che quando (e se) riusciremo a vedere, magari ci renderemo conto che non è nemmeno un gran commedia. Per quanto mi riguarda, The Interview è già entrato nella leggenda.

Il modo migliore di chiudere, forse, è scherzarci un po' su. Vi propongo allora l'intervento a sorpresa di ieri sera, al Saturday Night Live, di Mike Myers nei panni del Dr. Male (antagonista della serie di film di Austin Powers, che ha portato il comico canadese al successo internazionale), che con geniale ironia parla degli eventi che hanno portato a questo epilogo straordinario, che, ci auguriamo, possa non ripetersi mai più.         

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