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lunedì 22 dicembre 2014

Da Giocatore a Giocatore: Assassin's Creed


"Da Giocatore a Giocatore" vuole essere una rubrica di videogiochi sui generis. In questo pezzetto di carta virtuale infatti, vorrò parlare non tanto di videogioco in senso stretto, ma quanto di ciò che rende un videogioco qualcosa di cui parlare anche in senso lato; non parlerò in questa sede della quantità di bug all'uscita di un determinato titolo né della perfetta staticità dei sessanta fps a cui ogni prodotto dovrebbe puntare, ma parlerò di ciò che ci spinge, da ormai anni, a spendere i nostri risparmi in distrazioni, parlerò del rumore assordante che ci invade la testa quando, dopo ore - poche o tante, è indifferente -, i nostri occhi riflettono vitrei i titoli di coda su monitor. Parlerò del Videogioco visto come avventura, come racconto, come fantasia. Non solo gioco, quindi, ma foriero di ideali, messaggi. 


E quale titolo scegliere per inaugurare questa rubrica a cadenza settimanale se non uno dei giochi più seguiti e amati da quasi dieci anni?

Se non avete sentito parlare di Assassin's Creed, negli ultimi otto anni siete vissuti su Marte o ancora non eravate nati.
N.B. : Non ho ancora giocato Assassin's Creed Unity, quindi questo piccolo scritto non conterrà spoiler sotto alcuna forma dell'ultimo capitolo della saga né vorrà essere una recensione di questo titolo. Sono presenti spoiler di tutti i giochi precedenti, quindi occhio. 

Ok, inutile girarci intorno. A me Assassin's Creed piace tantissimo, o meglio, la saga di Assassin's Creed e le sue premesse mi piaciono davvero tanto: l'idea di fondo - la lotta tra due fazioni opposte eppure così simili quali gli Assassini e i Templari - il setting storico, i viaggi nel tempo attraverso i ricordi, le macchinazioni secolari ancora vigenti nel presente ... insomma, talmente tanta di quella carne al fuoco che chiunque sarebbe un minimo curioso nel voler conoscere il dipanarsi della storia. 
Altaïr Ibn-La'Ahad, mosso dalla ricerca dell'onore.
Ma partiamo dal principio: il gioco esordisce nel 2007, ambientato durante la Terza Crociata nella Terra Santa, vede protagonista l'assassino Altaïr Ibn-La'Ahad - per gli amici Altair, senza neanche la dieresi! - e, diciamoci la verità, il gioco in senso stretto non era un granché. Infinitamente ripetitivo, noioso, spostarsi tra città e città era snervante in quanto dovevi necessariamente muoverti a piedi senza possibilità di viaggi rapidi o agevolazioni se non il cavallo. La trama però era tutt'altra cosa, il gioco in senso lato era tutt'altra cosa, certo, non eccelso, neanche bello, ma incredibilmente d'impatto e avvincente, nonostante la linearità della storia e la banalità di alcuni colpi di scena, più cliché vecchio stampo che vero punto di forza. Nonostante questo, tutti ci siamo affezionati all'Assassino con quattro dita, reietto dopo aver fallito una missione, costretto a riappropriarsi della propria dignità, e lo abbiamo seguito nella sua crescita spirituale vedendolo maturare. Nessuno tuttavia, si sarebbe indignato se la saga fosse morta con quel primo titolo così controverso; noi, col senno di poi, ci saremmo davvero mangiati le mani.
Ma l'anno della consacrazione è il 2009: esce Assassin's Creed II, ambientato nella nostra Italia, a Firenze e Venezia, per brevissima parte anche a Roma. Uno dei giochi più pubblicizzati della storia, forse il più pubblicizzato a quei tempi; è un capolavoro annunciato. Il gioco, rispetto al suo predecessore, è completo sotto ogni punto di vista. Ezio Auditore è un personaggio perfetto, seppur anche lui mosso da ideali non certo originali, ma è carismatico, ingenuo e ironico al punto giusto. Il gioco ci coinvolge fin dal primo momento - davvero caratteristica la scelta di Ubisoft di spiegare un paio di meccaniche basilari durante il parto di Ezio, e quindi di impersonarlo fin dalla nascita. Scelta assai lungimirante visto che i fans non lo hanno voluto abbandonare fino alla morte.
L'ambientazione di gioco è a dir poco fantastica e la resa di monumenti storici è strabiliante. Sarà che sono Fiorentino, ma l'immersione che ho avuto in quel capitolo della serie non mi è stata data da altri. Affezionarsi quindi, come detto sopra, ad Ezio più che ad Altair è facilissimo, e i due capitoli successivi, spin off che hanno consacrato la saga nell'Olimpo delle serie videoludiche più fruttuose e seguite di sempre, confermano la validità del brand. Ma è proprio dopo il titolo interamente ambientato a Roma e che vede Ezio diventare Maestro Assassino e quello ambientato a Istambul, che ci mostra un veterano Ezio Auditore alla ricerca del senso della sua esistenza, che Ubisoft compie un passo falso. Già con Brotherhood e Revelation, Assassin's Creed si era caratterizzata come una saga dalla cadenza annuale, come i vari Call of Duty, Battlefield, FIFA e PES, ma la qualità dei giochi, sviluppati tutti separatamente e da parti della software house diverse, e della trama rimaneva comunque di alto livello. Assassin's Creed III però è stato un inaspettato  flop.
Le evoluzioni di Ezio Auditore, assassino alla ricerca della vendetta, negli anni.
Anche questo titolo, nel 2012, fu bramato, sponsorizzato e acclamato all'inverosimile da più o meno tutti. Ubisoft lo annuncia dicendo che un team di sviluppo scelto lavorava al progetto di Assassin's Creed III dall'uscita del secondo episodio, quindi il titolo aveva ricevuto ben tre anni di coding e progettazione: le premesse erano delle migliori, ma alcune cose non mi sono tornate fin da subito. Non ho gradito molto la svolta catastrofista nel finale di Revelation e colonna portante del terzo capitolo ufficiale della saga: questa immersione nelle credenze Maya della fine del mondo nel 21/12/2012 e tutto ciò che ne è derivato è stata, dal mio modesto punto di vista, una banalizzazione incredibile della trama principale e una perdita del punto di focus della serie: Connor, o meglio, Ratonhnhaké:ton, è un personaggio totalmente trascurabile. Non riesce a tenere incollati i giocatori allo schermo grazie alle sue idee, non riesce a farlo tramite le sue azioni o per il suo fine: Connor è un bambino nato da un rapporto fugace tra Haytham, membro dei Templari, e una indiana americana, e che vede bruciare, per opera del suo sopracitato padre e dei Templari, il suo villaggio. Anche il rapporto tra padre e figlio risulta totalmente inappropriato, fantasioso e grottesto; i due vengono continuamente alle mani in ogni occasione e Connor cade ogni volta nei suoi più stupidi - e prevedibili - tranelli. La Rivoluzione americana, poi, che fa da sfondo alla vicenda, al fine della storia è totalmente trascurabile nonostante le parole di Connor facciano capire che il suo interesse sia la Libertà per l'America, gli Americani e i nativi - pff, povero illuso! -. Egli agisce infatti come un bambino pedante in ogni sequenza del gioco; la ricerca compulsiva e snervante del padre e dei suoi compari non è altro che una disidratante sete di vendetta che non si evolve, non mostra secondi fini reali se non a parole, le quali si spengono ogni volta sotto la frase "Dov'è Charles Lee!?", il braccio destro di suo padre. Tutte le novità introdotte nel gioco al fine di una immedesimazione e di un realismo più profondi sono davvero splendide e, personalmente, ciò che ho apprezzato più del resto in questo titolo sono proprio le foreste vergini dei nativi americani, la frontiera e la sua neve, le arrampicate sugli alberi, l'utilizzo della nave.

Connor, assassino che lotta per la Libertà (?)
Ma - c'è un ma! - il tutto diviene molto più sopportabile una volta portato - con fatica - a termine il gioco: il colpo di scena finale col sacrifico di Desmond - paragonabile solo al finale di Assassin's Creed: Brotherhood - lascia aperte mille porte, infiniti altri spunti, idee e teorie su cosa sia successo al protagonista del mondo attuale della serie. 

Ma Assassin's Creed IV: Black Flag risulterà un altro incredibile passo falso.

Questa volta, un po' come nel terzo capitolo, il bello del gioco sta nel gioco in senso stretto: NAVI PIRATA OVUNQUE! Cosa che, già di per sé, passatemi questo francesismo, è una figata colossale, aggiungeteci poi un mondo pressoché infinito, migliaia di oggetti collezionabili e il solito Assassin's Creed ... no, questo punto toglietelo. Black Flag non è un Assassin's Creed: Edward Kenway, nonno di Connor, è un pazzo scatenato del 1700 che decide di mollare la propria catapecchia e la moglie, per andare a solcare i mari del "Nuovo Mondo" in cerca di fortuna. Già questo ci anticipa che il setting di questo capitolo sarà molto simile a quello del terzo - per certi aspetti le zone abitate erano fin troppo somiglianti -, ma la descrizione psicologica del personaggio ci rivela poi che egli, un po' come il giovane Altair, non è che un avaro, un egoista, desideroso soltanto di racimolare qualche doblone d'oro in scorribande su galeoni. Badate bene, Edward è un personaggio caratterizzato a meraviglia ed anche molto carismatico: il problema è che se fosse stata un altra saga, forse sarebbe stato il protagonista perfetto. Non vi è una vera e propria evoluzione o maturazione fino alla scena finale del gioco dove, comunque, non si capisce niente di ciò che ha scelto di fare a Londra - qui ci viene incontro Wikipedia che ci dice che Haytham significa "Aquila" e tutti gli Assassini antenati di Desmond hanno nel nome un collegamento con questo animale, quindi si presuppone abbia scelto di unirsi agli Assassini -. Assassin's Creed IV è un gioco sui pirati che non aggiunge niente alla trama della saga, anzi, distrugge qualche piccola certezza che ci eravamo costruiti. Ma poi, vogliamo parlare delle sezioni nel mondo "contemporaneo"?
Edward Kenway assass ... no,uhm,
dunque, pirata che lotta ... no,
non lotta per niente, vuole solo i soldi
.
Una storyline a dir poco ridicola, inconsistente, dove non ci viene spiegato niente di niente e dove non viene piantato neanche il più piccolo germoglio di curiosità per quelle faccende a cui siamo chiamati a fare gli spettatori con veramente poche motivazioni a sostenerle. Il tutto sembra così assurdo e inspiegabile che più che voglia di capire, la trama instaura nel giocatore quella sensazione che tutto ciò sia fatto per nient'altro se non allungare il brodo di un prodotto pieno di potenziale ma, soprattutto, pieno di guadagno per Ubisoft. Il fatto che questo titolo non parli di Assassini e Templari, che non continui a meravigliarmi con un personaggio che voglio seguire e in cui voglio immedesimarmi, che non si abbia un volto né un perché nelle scene di gioco contemporanee mi ha instaurato dubbi infiniti sulla validità del capitolo successivo, Assassin's Creed: Unity. Scendendo nel personale, l'ambientazione del gioco mi sta molto a cuore e da quel poco che ho potuto vedere, la Rivoluzione Francese sembra la solita banalizzazione nazional-popolare.
Ho sempre comprato ogni titolo di Assassin's Creed dal due in poi al Day One e con le edizioni più belle e costose possibili - qui tra voi avete un malato di Collector's Edition. Ma diciamo che tra tutte le mie manie questa forse è la meno preoccupante - perché questa saga mi piaceva a non finire: per la prima volta dopo sei anni ho desistito ed ancora non ho interesse nell'affrontarlo. Il gioco è costellato di bug, tra le altre cose e la patch recentissima - patch 4, uscita oggi, se non mi sbaglio, 22/12/2014 - ha causato su alcuni sistemi il blocco del gioco dopo il caricamento dei filmati iniziali dei producer ... bella mossa Ubi! Ma lo sconforto più totale mi ha travolto quando ho scoperto che è stato già annunciato il seguito del titolo Rivoluzionistico ambientato negli intorni destro e sinistro del 1789: Assassin's Creed: Victory. La cadenza annuale ritorna, con funerea puntualità. Speriamo solo di non dover fare il funerale anticipato, almeno quello ideologico, ad una saga davvero piena di spunti come quella di Assassin's Creed.

Lui è Arno. Per il resto non so molto, non ci ho ancora giocato!
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